In passato l'opera d'arte (come oggetto concreto) era talmente prevalente rispetto all'artista da offuscare la realtà storica di quest'ultimo. Dunque tra l'originale e copia (di mano dell'autore, di un gost di bottega o di altro pittore) non veniva percepita alcuna differenza. Pari era la dignità essendo pari la funzione: trasmettere un'idea, veicolare.
Appropriarsi di un'opera d'arte, riconoscersi nel lavoro altrui fino a farne qualcosa di proprio, appare dunque uno degli atteggiamenti più interessanti che gli ultimi decenni di ricerca hanno proposto.
Possedere la copia di un'opera d'arte gelosamente custodita in un museo è fatto di grande prestigio, tanto è vero che molti uomini illustri possiedono delle vere collezioni di copie d'autore.
Il XIX secolo ha invece copisti illustri come Delacroix, Gericault e Degas, che lascia più di settecento copie tratte da altri artisti.
Nel XVIII secolo Boucher firma invece le copie eseguite dagli allievi della sua scuola.
nel novecento si affermano i concetti di riproducibilità dell'opera d'arte e di diritto d'autore.
In quest'ottica articolata e disincantata, la copia d'autore moderna, impostasi come moda italiana del falso d'autore negli anni '80, rappresenta l'ininterrotto filo del passato e testimonia la grandezza e varietà della tradizione iconografica occidentale.
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